Responsabilità del medico competente | Cassazione Penale, Sez. 3, 14 febbraio 2017, n. 6885

A metà Febbraio la Cassazione Penale ha depositato la sentenza n. 6885, in cui ha condannato un medico competente per non aver attuato un protocollo sanitario definito in funzione dei rischi specifici con riferimento a due lavoratori edili.

Nella sentenza vengono anche ricordati quali sono gli “accertamenti minimi” richiesti al medico competente in relazione poi all’emissione dei giudizi di idoneità, alla verifica della funzionalità degli “organi bersaglio”, all’autonomia del medico competente, alle linee guida e in generale al livello di adempimento richiesto a questo soggetto sulla base delle prescrizioni legislative e dell’arte medica.

La sentenza nasce da un ricorso effettuato dal medico a seguito della condanna inflitta in precedenza dal Tribunale che lo  aveva condannato

per aver sottoposto in data 10 maggio 2011 a visita periodica i sig. L.S. e D.M., non attuando un protocollo sanitario definito in funzione dei rischi specifici, considerato che, dall’esame delle cartelle sanitarie e di rischio dei suddetti lavoratori, si evinceva che gli stessi risultavano esposti a rischio MMC (movimentazione manuale dei carichi) e rumore.” Infatti, prosegue “i rischi, cui i lavoratori erano esposti, risultavano indicati nelle rispettive cartelle, senza che fossero stati disposti gli accertamenti complementari atti a valutare la funzionalità dei cosiddetti organi bersaglio ossia degli organi particolarmente esposti a rischio per effetto delle mansioni lavorative esercitate.

Il medico competente, nel ricorrere in Cassazione sottolineava il fatto adducendo a sua difesa una superficiale esame da parte del Tribunale del suo operato e in particolare che

che la mancata prescrizione di esami strumentali volti ad accertare la funzionalità degli organi bersaglio (RM ed audiometria), avesse determinato una non conforme valutazione della capacità lavorativa dei due lavoratori e che detta ipotesi avesse comportato la violazione dell’art. 25 del Testo Unico n. 81 del 2008, senza considerare che il protocollo sanitario allegato ed adottato dal ricorrente, in uno al datore di lavoro, prevedeva che ogni singolo lavoratore sottoposto a visita fornisse già al Medico competente tutti i dati fondamentali onde valutare la funzionalità degli organi bersaglio, salvo ulteriore approfondimento con eventuali altri accertamenti diagnostici.

La Cassazione ha respinto gli argomenti presentato dall’imputato chiarendo che

con specifico riferimento alle omissioni contestate al ricorrente, il Tribunale ha ritenuto che – per i lavoratori esposti, come nella specie, a determinati rischi professionali trattandosi di operai edili – il “medico competente”, che procede alla visita, non può basarsi soltanto sul dato anamnestico, che potrebbe essere falsato da una sottovalutazione o ignoranza da parte del lavoratore, né può accontentarsi di prescrivere esami clinici, emettendo al contempo un giudizio di piena idoneità, come invece è accaduto nel caso di specie, senza attendere l’esito dell’accertamento diagnostico-strumentale, che, per entrambi i lavoratori, non era stato richiesto fin dalla visita preventiva, ma solo in una delle visite periodiche successive.” Quindi, insistono i giudici di Cassazione: “ciò nondimeno, come emerso dal testimoniale, il ricorrente emise il giudizio di idoneità sia in esito alla visita preventiva che in esito alla successiva visita di controllo, senza prima acquisire ed esaminare il referto audiometrico, particolarmente importante per via delle mansioni esercitate dai lavoratori, esposti al rumore, e ciò a dimostrazione di un modus procedendi superficiale e poco rispettoso dei protocolli sanitari.

L’aspetto interessante non è solo che il medico non deve limitarsi al racconto che il lavoratore, nei limiti delle proprie conoscenze, gli rivolge e che deve quindi procedere a visite e accertamenti diagnostici mirati che confermino o meno ciò che viene raccontato e forniscano un quadro completo dello stato di salute del lavoratore, ma nel fatto che il medico ha una funzione di prevenzione. Non deve aspettare che il danno si manifesti:

anzi la funzione stessa del sanitario è preordinata ad evitare tali evenienze perché il legislatore, richiedendo che la figura del medico competente sia individuata sulla base di specifici parametri e nel richiedere contestualmente anche una comprovata esperienza professionale del medico designato (art. 55), ha inteso evidentemente individuare la figura di un medico di qualificata professionalità, in grado di diventare il collaboratore del datore di lavoro e del responsabile del Servizio di prevenzione e protezione aziendale (Sez. 3, n. 26539 del 21/05/2008, in motiv.).

Quanto alla contestazione di non aver predisposto adeguati protocolli sanitari, ma aver seguito genericamente i protocolli standard come affermava l’imputata, la Corte rammenta che

la mancata prescrizione di esami strumentali equivale a connotare un profilo di responsabilità penale in capo al medico, va dunque corretta nella misura in cui sarebbe stato necessario premettere e ritenere che le linee guida o i protocolli non possono acriticamente assurgere a rango di fonti di regole cautelari codificate, secondo il paradigma dell’articolo 43 del codice penale poiché, in tal modo, si arriverebbe all’evidente paradosso di ritenere che l’attività medica sia retta dall’adozione di regole rigorose e predeterminate.

In sostanza si indica la

non precettività delle linee guida e dei protocolli in considerazione dell’autonomia professionale del medico e delle scelte di natura tecnica e discrezionale che senza dubbio gli competono.

Il compito del medico competente non è quello di seguire pedissequamente dei protocolli generali i quali

non escludono che il medico aziendale possa prescrivere accertamenti più approfonditi di quelli necessari che, in quanto prescritti dalla buona arte medica, sono perciò contemplati in linee guida o protocolli accreditati dalla comunità scientifica; ma proprio per questo motivo il medico competente non può esimersi dal prescrivere e quindi deve prescrivere quelli minimi richiesti per un’efficace prevenzione che, con accertamento di fatto, adeguatamente e logicamente motivato, il Tribunale ha escluso sia stata assicurata e ciò per la fondamentale ragione che non era stato attuato nei confronti dei lavoratori il protocollo sanitario correlato ai rischi specifici cui essi erano oggettivamente esposti in considerazione delle mansioni in concreto esercitate.

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