I rischi da movimentazione manuale di carichi nel Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018

Fonte: Inca-Cgil
a cura di Marco Bottazzi, responsabile della consulenza medico legale di Inca


Il Piano nazionale della Prevenzione 2014-2018 prevede una attenzione significativa alla prevenzione delle malattie professionali, con particolare riferimento ai tumori di origine lavorativa e alle patologie dell’apparato muscolo-scheletrico (sottolineando la necessità di azioni trasversali tra queste linee di attività e quelle già in atto riferite ai comparti delle costruzioni e agricolo). Nell’ambito di questo impegno il Coordinamento Interregionale (CIP) ha elaborato  un documento dal titolo “Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018: linee di indirizzo per l’applicazione del titolo VI e all. XXXIII del D.Lgs 81/08 e per la valutazione e gestione del rischio connesso alla Movimentazione Manuale di Carichi (MMC)”. Si tratta di linee di indirizzo che tutte le Regioni dovranno adottare e che consentiranno una interpretazione univoca sul territorio nazionale di un tema complesso come la movimentazione manuale dei carichi.

Proseguendo con i lavori, il tavolo nazionale sta predisponendo altri documenti e strumenti di lavoro da sottoporre all’approvazione del Coordinamento interregionale (sovraccarico biomeccanico arti superiori, movimentazione assistita  dei pazienti ospedalizzati, una scheda di autovalutazione aziendale,  rischi di natura ergonomica per gli operatori degli organi di vigilanza ASL, una scheda di sopralluogo nelle aziende mirata al rischio ergonomico ad uso degli operatori degli organi di vigilanza delle ASL)

Il documento predisposto dal gruppo di lavoro, di cui facevano parte i rappresentanti di 11 regioni e dell’INAIL-settore ricerca, fornisce elementi utili per una lettura critica dei Documenti di Valutazione dei Rischi riguardanti la movimentazione manuale dei carichi (si pensi alla indicazione di pesi-limite diversi per sesso ed età, ma anche all’introduzione del peso complessivo movimentato) e, dunque, per richiedere all’Istituto assicuratore un maggiore spirito critico nell’assumere  i dati contenuti in questo documento, ma anche un diverso impegno  nel dimostrare che, nel caso di un lavoratore impegnato in una della attività indicate dal documento come a  rischio vi fossero condizioni organizzative (orario, turnazioni, ecc.) o prevenzionali (ausiliazioni, numero di personale addetto presente in contemporanea, ecc.) adeguate. Il documento recita, infatti, che

l’uso della forza manuale per trasferire oggetti o persone (es. pazienti non autosufficienti, disabili motori, bambini negli asili e nelle scuole materne) è tra gli elementi di possibile sovraccarico meccanico del rachide dorso-lombare e della spalla.

Durante le operazioni di movimentazione manuale, anche in funzione della postura assunta, del peso e delle dimensioni dell’oggetto movimentato, del tragitto che l’oggetto deve compiere, delle caratteristiche antropometriche e di genere del soggetto, si determinano, tra le altre, forze compressive o “di taglio” sulle strutture del rachide lombare (dischi intervertebrali, limitanti vertebrali, articolazioni interapofisarie) che, singolarmente, e ancor più se ripetute e cumulate, possono condurre a microlesioni e lesioni delle strutture stesse.

Nella tabella  sottostante sono indicati i contesti lavorativi in cui più frequentemente si realizzano condizioni di rilevante sovraccarico biomeccanico del rachide, dovuto alla movimentazione manuale dei carichi e per i quali si deve applicare quella criteriologia di cui sopra.

Nella tabella successiva sono riportate le percentuali della popolazione lavorativa italiana esposta, per genere e in totale, per variabili frazioni di tempo, a movimentazione di carichi pesanti (riprese dai risultati del IV Survey Europeo sulle condizioni di salute e lavoro (2005). Ricordiamo che i limiti di rottura nelle donne risultano in media inferiori del 17% rispetto a quelli rilevati negli uomini.

L’Allegato XXXIII contiene gli “elementi di riferimento” e i “fattori individuali di rischio”, che devono essere considerati “in modo integrato” ai fini della “prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari”.
L’Allegato riproduce il corrispondente precedente del D.Lgs. 626/1994, riunendo i due allegati della Direttiva 90/696/CEE (elementi di riferimento e fattori individuali di rischio).

Rispetto al D.Lgs. 626/1994, è stata inserita una nuova importante premessa secondo la quale

la prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari, connesse alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi, dovrà considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio riportati nel presente allegato.

L’Allegato riporta, innanzitutto, alcuni elementi da considerare perché possono modificare il rischio di “patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari” connesse alla movimentazione manuale di carichi. Si tratta delle caratteristiche del carico, dello sforzo fisico richiesto, di quelle legate all’ambiente di lavoro e alle esigenze connesse all’attività da considerare nell’ambito del processo di valutazione del rischio.

L’unica modifica degna di nota, rispetto al D.Lgs. 626/1994, è la soppressione della specificazione “30 Kg” dall’indicazione “il carico è troppo pesante”. Tale specificazione, inesistente nella Direttiva Europea, era stata improvvidamente inserita nella formulazione del D.Lgs. 626/1994 e aveva ingenerato una discreta confusione.

Il successivo punto sui fattori di rischio (in origine Allegato II alla Direttiva 90/269/CEE) è stato modificato solo inserendo una frase che fa “salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di tutela e sostegno della maternità e di protezione dei giovani sul lavoro” (con l’evidente significato che, in questi casi specifici, tali norme precedono quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008).

Nell’Allegato XXXIII è stato inserito, infine, un più specifico riferimento alle norme tecniche così formulato:

Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all’articolo 168, comma 3.

Questa formulazione, che ha consentito di riferirsi alle norme tecniche “volontarie”, attualmente esistenti sulla materia (con possibilità facilitate di modifica dell’Allegato in occasione di evoluzioni ed aggiornamenti delle norme tecniche stesse), di fatto indica come primo riferimento le norme esplicitamente citate (che, pertanto, divengono un riferimento vincolante, ove applicabili) ma, se le stesse risultassero non esaustive, non escludono il ricorso ad altre pertinenti, ove applicabili (ad esempio, la citata UNI EN 1005-2), secondo la formulazione generale dell’art. 168 comma 3. Va ricordata a questo proposito la emanazione di un TR di ISO (ISO TR 12296 del 2012) relativo alla movimentazione manuale di persone nelle strutture sanitarie.

Il ricorso al complesso di tali norme consente di adottare metodologie e criteri di valutazione delle diverse attività di movimentazione manuale di carichi secondo standard internazionali e in modo sostanzialmente conforme a quanto già contenuto nelle LLGG delle Regioni e dell’ISPESL sulla materia (metodi dell’Indice di Sollevamento – Lifting Index del NIOSH per azioni di sollevamento e Tavole Psicofisiche di Snook e Ciriello per azioni di traino spinta e trasporto).

A tale proposito, tenuto conto della indicazione (art. 28) di considerare, nella valutazione del rischio, le differenze di genere e di età, si adotta la seguente griglia (vedi tabella sottostante) di valori di riferimento da utilizzare per sollevamenti occasionali e come “punto di partenza” per l’applicazione della procedura della RNLE (Revised Niosh Lifting Equation) e di calcolo del Lifting Index.

Il superamento di tali valori di massa durante i sollevamenti, anche occasionali, risulta essere immediatamente indice di una possibile criticità. In queste condizioni non può essere assicurata la protezione per almeno il 90% della relativa popolazione di riferimento.

Il documento fornisce dettagliate indicazioni applicative del Titolo VI e dell’allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008, di seguito vengono ripresi alcuni punti che possono risultare utili per assumere in modo critico i risultati della valutazione del rischio, che nel caso di specie deve essere riferita al singolo lavoratore, come indicato  all’articolo 168, che fa riferimento ai fattori individuali di rischio. L’articolo 168 contiene, il riferimento relativo alle norme tecniche e ad altri strumenti di indirizzo così formulato

Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell’allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.

Le norme tecniche (nazionali ed internazionali) di rilievo per la movimentazione manuale dei carichi, rispondenti alla definizione, sono le seguenti:

NORME ISO
  • UNI ISO 11228- 1: Ergonomia – Movimentazione manuale – Parte 1: Sollevamento e Trasporto.
  • UNI ISO 11228- 2: Ergonomia – Movimentazione manuale – Parte 2: Spinta e Traino.
  • UNI ISO 11228- 3: Ergonomia – Movimentazione manuale – Parte 3: Movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza.
NORME UNI EN
  • UNI EN 1005-2: Sicurezza del macchinario; Prestazione fisica umana: Movimentazione manuale di macchinario e di parti componenti il macchinario.

A tutte queste norme (e in particolare a quelle della serie ISO 11228, per via delle successive specifiche riportate in Allegato XXXIII) ci si deve riferire per le finalità del Titolo e dell’Allegato XXXIII. Nei casi in cui le norme tecniche non siano applicabili si potrà fare riferimento a linee guida e buone prassi approvate secondo le procedure al proposito previste all’articolo 2 del D.Lgs. 81/2008.

Lo standard ISO 11228-3, formalmente destinato a valutare e gestire condizioni di movimentazione manuale di carichi leggeri ad alta frequenza, nella sostanza, riguarda attività con movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori, anche indipendentemente da movimentazione di carichi significativi che, pertanto, non necessariamente fa parte dello specifico campo di applicazione del titolo VI. Più in particolare si vuole qui chiarire che il lavoro manuale ripetitivo (movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori), in assenza di movimentazione di carichi, è unicamente ascrivibile all’obbligo di valutazione di “tutti i rischi”, di cui al comma 1 dell’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008. In tal senso, la norma ISO 11228-3 va, pertanto, usata come riferimento tecnico per la conduzione della valutazione, di cui all’art. 28 nei confronti del potenziale rischio da movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori.

Tenuto conto di tale rilievo, tuttavia, questo standard è il riferimento specifico da utilizzarsi comunque per valutare condizioni di sovraccarico biomeccanico di distretti dell’arto superiore in tutte le attività di sollevamento di carichi superiori a 3 Kg e anche laddove si movimentino carichi leggeri (inferiori a 3 Kg.) ad alta frequenza e ricorrano le condizioni di applicabilità dello standard stesso.

La valutazione delle attività di Sollevamento e Trasporto nella norma ISO 11228-1

La frequenza massima assoluta è di 15 sollevamenti al minuto, per una attività di movimentazione di durata non superiore a un’ora al giorno e il peso dell’oggetto spostato non deve superare i 7 kg.

Introdotto il concetto di massa cumulativa giornaliera e di trasporto manuale, la massa  non deve superare 25 kg e la frequenza di trasporto non può essere superiore a 15 volte al minuto. Considerando la condizione fino a dieci metri di trasporto, il limite di massa cumulata trasportata manualmente è definito in 10.000 kg distribuito su otto ore. Se però la distanza supera questo valore (ad esempio 20 m.) questo limite scende a 6.000 kg (sempre in 8 ore). Vengono, inoltre, forniti corrispondenti valori limite di massa cumulata per periodi di 1 minuto e di 1 ora.

I limiti raccomandati di massa cumulativa, rapportata alla frequenza di trasporto e alla distanza sono riassunti nella tabella sottostante. In presenza di condizioni ambientali sfavorevoli, o quando le operazioni di sollevamento o abbassamento si svolgono a livelli bassi, per esempio, sotto l’altezza delle ginocchia, oppure quando le braccia sono sollevate sopra la spalle, i limiti raccomandati per la massa cumulativa per il trasporto di Tabella 14 dovrebbero essere ridotti di almeno un terzo.

Possiamo individuare, infine, diverse tipologie di compiti di sollevamento, con le seguenti definizioni e caratteristiche:

  1. MONO TASK (Compito Singolo) è il compito che comporta il sollevamento di una sola tipologia di oggetti (con lo stesso peso) utilizzando la stessa postura del corpo (geometria del corpo) durante il sollevamento tra l’origine e la destinazione. In questo caso si potrà utilizzate il metodo di calcolo classico denominato ”Lifting Index (LI)”;
  2. COMPOSITE TASK (Compito Composito) quando si sollevano oggetti generalmente di una tipologia, ma su differenti geometrie (prelevando o posizionando da/su mensole poste a differenti altezze verticali e/o distanze orizzontali). In pratica, ogni singola geometria è denominata “sub-task”. In questo caso, l’Indice di Sollevamento Composto “Composite Lifting Index (CLI)” può essere calcolato seguendo la specifica procedura indicata da un manuale applicativo pubblicato dal NIOSH. E’ stato però postulato che in questa procedura non possono essere calcolati più di 10 sub-compiti, da cui la necessità di introdurre, standardizzandole, delle semplificazioni)
  3. VARIABLE TASK (Compito Variabile) quando si sollevano/depositano oggetti con pesi diversi ad altezze e/o distanze orizzontali diverse. In questo caso potrebbero essere identificate differenti categorie di peso. Ogni distinta categoria di peso, movimentata su ogni diversa geometria, prende il nome di sub-compito. In questo caso la metodologia di calcolo da adottare è quella del “Variable Lifting Index (VLI)” (Colombini et al., 2010 e 2012; Waters et al.,2015).
  4. SEQUENTIAL TASK (Compito Sequenziale) quando il lavoro, durante il turno giornaliero, è caratterizzato da diversi compiti (ciascuno della durata continuativa di almeno 30 minuti) con differenti caratteristiche (MONO, COMPOSITE, VARIABLE). I lavoratori ruotano tra una serie di compiti di sollevamento semplici e/o compositi e/o variabili distribuiti nel turno. In questo caso la metodologia di calcolo da adottare è quella del “Sequential Lifting Index (SLI)”.

Queste tre ultime categorie di attività richiedono procedure particolari per la loro valutazione  che sono  riprese nell’allegato del documento, avendo chiaro  che: per il COMPOSITE TASK, qualora articolato in non più di 10 varianti o sub-task, si faccia riferimento al “Applications Manual for the Revised NIOSH Lifting Equation”.

In questo documento ci si concentra, in modo sintetico sulle procedure per valutare le attività di sollevamento manuale, composte da differenti sub-tasks, siano esse costituite da “compiti compositi” (quando comportino più di 10 possibili varianti o sub-tasks) oppure da “compiti variabili”. Sollevamenti complessi significa “compiti caratterizzati dalla presenza di molti subcompiti (più di 10-12), come succede per i compiti compositi e in quasi tutti i compiti variabili.

I compiti variabili sono, spesso, osservati nell’industria, ma questo non è stato in precedenza definito dal NIOSH; esso include compiti di sollevamento manuale nei quali le caratteristiche di ogni sollevamento variano nel turno, come nel magazzinaggio, movimentazione bagagli, costruzioni e in diversi lavori nei servizi. Nei compiti di sollevamento variabili il peso del carico che viene sollevato e la geometria del sollevamento (distanza orizzontale, altezza verticale, ecc.) possono variare in ogni sollevamento del compito/lavoro.  Le variabili che aumentano il numero di sub-compiti nei compiti variabile e composito possono essere molte e possono portare a lunghi tempi analitici ed errori.

La formula originale RNLE per un compito di sollevamento composito scoraggia l’utilizzo di più di 10 variabili (subcompiti). Pertanto, sono necessarie delle semplificazioni per eseguire l’analisi di situazioni così complesse, frequentemente riscontrate nella realtà lavorativa.

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