Rischio cardiovascolare e lavoro a turni

(Antonio Pietroiusti, Anna Neri, Andrea Magrini) Università Tor Vergata di Roma, Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Cattedra Di Medicina del Lavoro.
Pubblicato su: G Ital Med Lav Erg 2013; 35:4, Suppl 27 (http://gimle.fsm.it)

L’articolo è stato pubblicato in occasione el Convegno NAzionale di Medicina del Lavoro del 2013 a Giardini Naxos e conferma che – malgrado la pubblicazione di numerosi articoli sull’argomento, non vi è a tutt’oggi alcuna certezza circa una possibile correlazione tra lavoro a turni in Sanità e patologia cardiovascolare coronarica.

Gli autori precisano che questa affermazione non implica che la letteratura non riporti una correlazione, ma piuttosto che l’entità della correlazione riportata (o la mancata correlazione) potrebbe essere spiegata dal caso, da bias, o da fattori confondenti e quindi sotto il profilo causale è d’obbligo la prudenza.

Una corretta valutazione dei dati epidemiologici richiede in primo luogo la conoscenza delle potenziali vie fisiopatologiche attraverso cui il lavoro a turni può indurre la patologia cardiovascolare:

  • Alterazioni di ritmi circadiani specifici (es. ritmo sonno-veglia)
  • Acquisizione di abitudini negative
  • Alterazioni dei biomarcatori dell’aterosclerosi

 

Alterazioni di ritmi circadiani specifici.

C’è un’ampia evidenza che il lavoro a turni (specie quello notturno) sia associato con insufficiente quantità di sonno e con episodi di sonnolenza incontrollata nelle ore dedicate all’attività, fattori che inducono un’attivazione del sistema simpatico con gli eventi associati di ipertensione ed aumento della frequenza cardiaca. Peraltro, osservano gli AA,altri studi hanno dimostrato una disinibizione della fame.

 

Acquisizione di abitudini negative.

Fumo, cibo, peso e sedentarietà: relazione controversa. Si suppone che il fumo sia un sistema per rimanere svegli durante la notte da parte dei lavoratori a turno.

 

Alterazioni dei biomarcatori dell’aterosclerosi.

Singoli studi e ricerche hanno trattato una serie di questioni:

  1. Dislipidemia: relazione controversa.
  2. Markers di infiammazione sistemica. Pochi dati. Riportato un aumento dei leucociti rispetto ai non turnisti.
  3. Fattori della coagulazione: è stato riportato un aumento della omocisteinemia rispetto ai lavoratori diurni, ma non si sono rilevate differenze significative nella prevalenza di iper-omocisteinemia. Non differenze nei livelli di fibrinogeno né in quelle di attivatore del plasminogeno e attivatore tissutale del plasminogeno, anche se nei turnisti sembrano essere ridotte le fluttuazioni quotidiane di tali fattori. Il significato di questo dato rimane incerto.
  4. Autonomia cardiaca. La maggior parte degli studi fin qui eseguiti indicano che esiste uno sbilanciamento dell’attività simpatica e parasimpatica.
  5. Alterazioni della ripolarizzazione. Isolato report di prolungamento del tratto Q-T dell’elettrocardiogramma.
  6. Extrasistoli. Aumento della frequenza di extrasistoli ventricolari in uno studio longitudinale.
  7. Sviluppo della sindrome metabolica: associazione positiva in studi trasversali che longitudinali.

 

Conclusioni.

Per nessuno dei fattori biologici e fisiologici, preso singolarmente, gli AA asseriscono esservi  forte evidenza di associazione con la patologia cardiovascolare nei turnisti.
Tuttavia  l’associazione di vari fattori come la sindrome metabolica, sembra rappresentare un rischio reale in questo tipo di lavoro.

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