articolo di Carmelo G. Catanoso
Ingegnere Consulente di Direzione
Fonte: Punto Sicuro
Pubblichiamo un contributo apparso su Punto Sicuro su un tema spesso oggetto di interpretazioni contrastanti: l’azienda con più stabilimenti o unità produttive può nominare un RSPP unico?
Negli ultimi tempi sono apparsi su riviste del settore diversi contributi riguardanti la possibilità, da parte del datore di lavoro, di designare o meno, un RSPP per ciascun stabilimento o unità produttiva. Prima di entrare nel merito della questione, è opportuno ricordare che il D.Lgs. 81/2008 all’art. 2 comma 1, definisce:
lett. b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa;
lett. c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore di lavoro pubblico o privato;
lett. f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
lett. t) «unità produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
L’art. 17 del D.Lgs. 81/2008, riguardante gli Obblighi del datore di lavoro non delegabili, prevede che questi non possa delegare:
la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;
la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP);
L’omessa nomina del RSPP comporta per il datore di lavoro la sanzione penale contravvenzionale alternativa dell’arresto da tre a sei mesi o dell’ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro, così come previsto dall’art. 55 comma 1, lett. b) del citato decreto.
Avendo il legislatore individuato la designazione del RSPP, come obbligo indelegabile a carico del datore di lavoro, appare palese che questi è l’unico soggetto autorizzato a procedere in tal senso.
Questa scelta del legislatore deriva dal fatto che tra il datore di lavoro e il RSPP si stabilisce una relazione fiduciaria con l’obiettivo di perseguire, raggiungere e mantenere gli standard di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro previsti dalle norme di legge e regolamentari oggi vigenti.
Andando a dare un’occhiata alla fonte primaria che, come noto, è la Direttiva 89/391/CEE, l’intero art. 7 è dedicato ai “Servizi di protezione e prevenzione”; in particolare il citato articolo recita:
Fatti salvi gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, il datore di lavoro designa uno o più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione e delle attività di prevenzione dei rischi professionali nell’impresa e/o nello stabilimento.
I lavoratori designati non possono subire pregiudizio a causa delle proprie attività di protezione e delle proprie attività di prevenzione dei rischi professionali. I lavoratori designati, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla presente direttiva» devono poter disporre di tempo adeguato.
Se le competenze nell’impresa e/ o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all’impresa e/ o allo stabilimento.
Nel caso in cui il datore di lavoro faccia ricorso a dette competenze, le persone o i servizi interessati devono essere informati dal datore di lavoro circa i fattori che si sa o si suppone abbiano effetti sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e devono avere accesso alle informazioni di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
In ogni caso:
– i lavoratori designati devono possedere le capacità necessarie e disporre dei mezzi richiesti,
– le persone o servizi esterni consultati devono possedere le attitudini necessarie e disporre dei mezzi personali e professionali richiesti, e il numero dei lavoratori designati e delle persone o servizi esterni consultati deve essere sufficiente, per assumere le attività di protezione e prevenzione, tenendo conto delle dimensioni dell’impresa e/ o dello stabilimento e/ o dei rischi a cui i lavoratori sono esposti, nonché della ripartizione dei rischi nell’insieme dell’impresa e/o dello stabilimento.
Alla protezione ed alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute, oggetto del presente articolo, provvedono uno o più lavoratori, un solo servizio o servizi distinti, siano essi interni o esterni all’impresa e/o allo stabilimento. Se necessario, il(i) lavoratore{i} e / o il(i) servizio(i) debbono collaborare.ù
Gli Stati membri possono definire, tenuto conto della natura delle attività e delle dimensioni dell’impresa, le categorie di imprese in cui il datore di lavoro, a patto che abbia le capacità necessarie, può assumere personalmente il compito di cui al paragrafo 1.
Gli Stati membri definiscono le capacità e le attitudini necessarie di cui al paragrafo 5. Essi possono definire il numero sufficiente di cui al paragrafo 5.
Dalla disamina della direttiva, appare chiaro che il legislatore comunitario:
- prevede la possibilità di designare anche più lavoratori per occuparsi delle attività di prevenzione e protezione nell’impresa e/o nello stabilimento (comma 1);
- richiede che il numero di lavoratori designati e delle persone e o servizi esterni consultati, deve essere sufficienteper espletare compiutamente le attività per la prevenzione e protezione dai rischi, tenendo conto delle dimensioni dell’impresa e/o dello stabilimento;
- prevede la possibilità che, all’attività di prevenzione e protezione dai rischi, provvedano uno o più lavoratori, un solo servizio o servizi distinti (interni o esterni all’impresa e/o allo stabilimento), collaborando tra loro ove necessario (comma 6).
Fatta questa premessa, esaminiamo i due differenti punti di vista facendo riferimento ad un’azienda di grandi dimensioni con un unico datore di lavoro individuato con delibera da parte del CdA e con N stabilimenti dislocati su tutto il territorio nazionale.
I sostenitori della “unicità” del RSPP, affermano che essendo prevista una relazione fiduciaria tra questa figura e il datore di lavoro, a quest’ultimo si deve affiancare un solo RSPP al fine di rendere efficace l’attività per la prevenzione e protezione dai rischi.
Chi la pensa diversamente obietta che la designazione di un RSPP per ciascun stabilimento non rende inefficace le attività prevenzionali dell’azienda, in quanto nulla vieta che il rapporto fiduciario venga stabilito tra il datore di lavoro e più RSPP ferma restando la politica aziendale per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Sempre i sostenitori dell’unicità del RSPP fanno riferimento all’art. 31 comma 8 del D.Lgs. 81/2008 per sostenere la propria tesi; il comma citato recita come segue: <<Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile>>. Pertanto, avendo il legislatore previsto un “unico servizio” anche nel caso di aziende con più unità produttive nonché nei gruppi d’imprese (queste ultime con più datori di lavoro), a maggior ragione è sostenibile che il servizio di prevenzione e protezione sia unico con un unico RSPP.
Chi sostiene il contrario, invece, afferma che avendo il legislatore scritto testualmente
Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, PUO’ essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione…
vuol dire che non è un obbligo avere un unico servizio di prevenzione con un unico responsabile perché, altrimenti, il legislatore avrebbe scritto “deve”; pertanto, è possibile, nel caso di un’azienda con un unico datore di lavoro e N stabilimenti, istituire un SPP, per ciascun stabilimento con il relativo responsabile e gli eventuali ASPP, senza infrangere alcuna legge ma, anzi, migliorando l’efficacia dell’attività prevenzionale.
Un’altra tesi che i sostenitori dell’unicità del RSPP mettono sul tavolo della discussione, è quella relativa a quanto previsto dal legislatore riguardo la nomina del medico competente. Il D. Lgs. n° 81/2008, con l’art. 39 comma 6, prevede espressamente, a differenza del RSPP, la possibilità di nomina di più medici competenti al sussistere di determinate condizioni; infatti, il citato comma 6 recita
Nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il datore di lavoro può nominare più medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.
Pertanto, visto che il legislatore, ove lo ha reputato necessario, ha espressamente previsto la nomina di più medici competenti, non si può pensare di poter nominare più RSPP per semplice analogia.
Chi la pensa diversamente, sostiene invece che anche in questo caso vale il principio che “ciò che non è espressamente vietato dalla legge, s’intende ammesso”; pertanto, non essendo espressamente vietata la designazione di più RSPP, una grande azienda con più stabilimenti disseminati su tutto il territorio nazionale, può tranquillamente procedere in tal senso. Del resto, anche l’art. 41 della Costituzione dice che <<L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali>>. Un datore di lavoro, visto che l’iniziativa economica privata è libera (e non potrebbe essere diversamente), può tranquillamente decidere di designare un RSPP ( e un numero adeguato di ASPP) per ognuno degli stabilimenti motivando con chiarezza tale scelta nei propri atti organizzativi, in modo da poter migliorare la gestione operativa e fornire un supporto qualificato e in “tempo reale” ai dirigenti ed ai preposti in essi operanti, garantendo così, vista la complessità della propria organizzazione, il raggiungimento ed il mantenimento nel tempo dell’obiettivo principale della sua politica aziendale e cioè la tutela della salute e della sicurezza dei propri lavoratori. Pertanto, un datore di lavoro che, sulla base delle evidenti e motivate ragioni organizzative, procede alla designazione di un RSPP per ciascuno dei suoi stabilimenti, non viola alcuna norma e non commette nessun reato.
Sempre chi sostiene l’unicità del RSPP anche per aziende complesse con più stabilimenti sul territorio nazionale, afferma che la nomina di una pluralità di tali soggetti rende difficile se non impossibile attuare la politica aziendale per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Dall’altro fronte si obietta che per attuare con la stessa intensitàuna comune politica aziendale in tutti gli stabilimenti, è sufficiente che uno degli RSPP designati dal datore di lavoro, rivesta le funzioni di coordinatore dei RSPP in modo da operare una regia riguardo le attività prevenzionali attuate nei vari siti. In definitiva un’attività prevenzionale svolta nei singoli stabilimenti da RSPP che operano in modo coordinato tra loro sotto la regia di un RSPP centrale appositamente incaricato dal datore di lavoro, non può che migliorare la gestione della sicurezza nell’intera azienda (specialmente se certificata BS OHSAS 18001 Multisito).
I sostenitori della unicità della funzione sostengono, poi, che la designazione di un RSPP per ciascun stabilimento è possibile solo se in ciascun stabilimento vi è un datore di lavoro perché ad un datore di lavoro deve corrispondere un solo RSPP.
A questo, i sostenitori della tesi opposta obiettano affermando che la nomina di più datori di lavoro è ammissibile solo se sostenibile con validi e dimostrati motivi. Bisogna però fare molta attenzione ad indicare questa come la strada da percorrere per riconoscere la possibilità di nomina di una pluralità di RSPP. Ciò perché è facile che le aziende vedano tale prospettiva come la possibilità di far scivolare verso il basso la qualifica datoriale, polverizzando e disperdendo, qui sì, l’unicità della politica aziendale per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, dislocando artificiosamente la posizione di garanzia datoriale con la conseguente perdita d’efficacia delle attività prevenzionali. Pertanto, pensare di attribuire tout court ad un dirigente direttore di stabilimento la qualifica di datore di lavoro, può essere un grave errore. Infatti, non si può pensare che il direttore di stabilimento possa assumere la posizione di datore di lavoro solo perché dotato, come qualunque altro soggetto delegato, di un’autonomia decisionale e di spesa commisurata all’entità dell’incarico ricevuto. Sarà invece necessario, affinché possa assumere le vesti di datore di lavoro ai fini prevenzionali, che lo stabilimento da lui diretto, pur essendo parte della stessa azienda, abbia una propria autonomia e possa deliberare, in condizioni di relativa indipendenza, come ripartire le risorse disponibili al fine di attuare le scelte organizzative più adeguate alle specificità dello stabilimento in termini funzionali e produttivi. Tale situazione, ovviamente, dovrà risultare palesemente formalizzata all’interno degli atti organizzativi dell’azienda. Francamente, appare piuttosto difficile pensare che ci siano aziende di grandi dimensioni e complessità che abbiano fatto tale scelta decidendo di rinunciare ad avere un unico centro decisionale, questo sì, in grado di definire e mantenere attiva un’unica politica aziendale per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Appare sostenibile una scelta di questo tipo in aziende organizzate in Business Unit, dove ciascuna di esse è guidata da un soggetto che, in concreto, è dotato dei poteri organizzativi, decisionali e di spesa che esercita in piena autonomia e che opera in piena sintonia con le altre Business Unit perseguendo il comune obiettivo definito dalla comune politica aziendale per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro del personale.
Infine, chi sostiene la liceità della nomina di un RSPP per ciascun stabilimento, fa riferimento alla fonte primaria che, come noto, non è il D. Lgs. n° 81/2008 ma la direttiva 89/391/CEE o Direttiva Quadro. In questa, come si è già avuto modo di evidenziare in precedenza, è lasciata piena autonomia al datore di lavoro per l’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione ed è chiaramente esplicitata la possibilità di designare anche più lavoratori per occuparsi delle attività di prevenzione e protezione nell’impresa organizzando un solo servizio o servizi distinti in collaborazione tra loro.
A questo punto ci si deve chiedere, al di là dell’unicità a meno del RSPP in un’azienda di grandi dimensioni, con un’organizzazione complessa e con più stabilimenti sul territorio nazionale, se:
- un unico RSPP (eventualmente coadiuvato da più ASPP nei singoli stabilimenti), è realmente in grado di attuare in modo efficace i compiti previsti dall’art. 33 del D. Lgs. n° 81/2008 in un’azienda che ha N stabilimenti che vanno dalla Sicilia al Trentino Alto Adige?
- un presidio costante da parte di un RSPP nel singolo stabilimento, riduce o migliora l’efficacia della funzione nell’attuazione dei compiti previsti dall’art. 33?
- un’attività prevenzionale svolta nei singoli stabilimenti dai vari RSPP, eventualmente coadiuvati dagli ASPP, e che operano in modo coordinato tra loro sotto la regia di uno essi con compito di coordinatore, riduce o migliora la gestione della sicurezza nell’intera azienda?
- un datore di lavoro, visto che l’iniziativa economica privata è libera, può o no nominare un RSPP (eventualmente coadiuvato da ASPP) per ciascuno degli stabilimenti aziendali al fine di garantire una migliore gestione delle attività prevenzionali, visto che tale iniziativa non è in contrasto con la legge?
- se il datore di lavoro ha optato per la nomina di un RSPP per ciascun stabilimento produttivo, quale è il reato che gli si può contestare visto che la legge sanziona solo la mancata designazione di questa figura?
Rispondendo a queste domande, ognuno di noi si potrà dare la risposta al quesito che costituisce il titolo di questo contributo e farsi la propria opinione riguardo alla unicità o meno della figura del RSPP in un’azienda con organizzazione complessa e con più stabilimenti sul territorio nazionale.
Gentilissimi colleghi, vorrei porre all’attenzione un simile problema che, viceversa, riguarda i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.
Possiamo approfondire la tematica come esposto, illustramene, per la figura unica dell’RSPP.
Più unità produttive possono avere più R.S.L. pur stando in un unico territorio (esempio ROMA).
Nell’attesa di informazioni porgo cordiali saluti
Maurizio AMICI
Il tema per l’Rls, come sai è diverso, mentre come illustra l’articolo per l’RSPP è dubbio se si possa o meno nominare più RSPP, per l’Rls il dubbio non sussiste, perchè la norma prevede esplicitamente che Rls deve essere eletto o designato in tutte le aziende o unità produttive ( art.47 c.2).
Laddove la o non rappresenta casi alternativi “o uno o l’altro”, ma una casistica “può apparire in una legge o in più leggi”. Dove la seconda non esclude , ma comprende, include, la prima. Questa è la corrente interpretazione avvalorata da accordi sindacali anche relativi a rappresentanze sindacali come il cosiddetto testo Unico della rappresentanza sindacale.