Repertorio Salute

Salute e sicurezza in agricoltura. Un’indagine conoscitiva su lavoratori immigrati.

Fonte: Punto Sicuro


È evidente che il fenomeno migratorio non è una caratteristica del nostro mondo contemporaneo: esiste da tempo immemorabile, motivato via via da fattori economici, territoriali, demografici e politici. Tuttavia, come ci ricorda un recente documento dell’Inail dal titolo Salute e sicurezza in agricoltura. Un’indagine conoscitiva su lavoratori immigrati,

negli ultimi anni il fenomeno migratorio ha assunto una dimensione quantitativa consistente e una rilevanza nel settore produttivo e sociale tale da richiedere politiche e interventi coordinati degli organismi pubblici atti a favorire sia il processo di integrazione che la tutela dei diritti e delle condizioni lavorative dei lavoratori migranti.

È proprio con l’obiettivo di migliorare le tutele di questi lavoratori, nel documento Inail – curato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’ Inail, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma – è presente una interessante indagine sulla percezione del rischio e fabbisogno formativo dei lavoratori immigrati in agricoltura al fine di

individuare criticità e bisogni percepiti che possono fornire momenti di riflessione e di discussione.

L’indagine è stata realizzata su un campione di lavoratori stranieri (402 lavoratori stranieri provenienti da 23 aziende agricole) impiegati, con diverse tipologie contrattuali (tempo determinato, indeterminato, stagionale, ecc.), in agricoltura in Lombardia, precisamente nei territori del cremonese e del mantovano. E si è svolta tramite un questionario di rilevazione con domande in merito a: dati aziendali; dati personali e socio-demografici; impatto sulla salute psicofisica; condizioni lavorative; percezione del rischio ed esposizione a fattori di rischio; normativa di salute e sicurezza sul lavoro e sua applicazione. La parte relativa alla normativa esplorava, ad esempio, “il livello di consapevolezza, le percezioni e gli atteggiamenti dei lavoratori relativamente agli aspetti principali del sistema di tutela della salute e sicurezza aziendale previsto dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.”.

Ricordiamo che in merito all’origine geografica del campione,

il 59,2% proviene dall’India, il 15,4% dal Marocco, il 15,2% dal Bangladesh, il 4,2% dalla Romania. Il restante 6,0% appartiene ad altri paesi (tra cui Albania, Bolivia, Cambogia, Costa d’Avorio, Egitto, Kosovo, Macedonia, Mauritius, Moldavia, Serbia e Ucraina).

E riguardo al grado di conoscenza della lingua italiana,

più del 34% degli intervistati lo giudica scarso, il 26,6% lo considera sufficiente, il 19,7% mediocre ed il 18,7% buono. Solo l’1,0% lo ritiene ottimo. Emerge, tuttavia, che il 75,5% non ha mai frequentato corsi per l’apprendimento dell’italiano.

Invitando ad una lettura integrale del documento, riprendiamo brevemente alcuni elementi emersi in relazione alla percezione del rischio e all’esposizione a fattori di rischio:

  • “gran parte dei rispondenti non è d’accordo o lo è poco sulla presenza di rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori (73,3%), si sente per niente o poco esposto personalmente a rischi per la salute e la sicurezza (80,1%) o al rischio infortuni (72,7%)”;
  • “percentuali elevate di soggetti dichiarano di non aver paura di infortunarsi (92,3%) e di ammalarsi (93,9%) a causa del proprio lavoro”;
  • relativamente all’esposizione ad alcuni fattori di rischio “per il rischio biologico, il rischio chimico e il rischio stress lavoro-correlato, la percentuale di coloro che si sentono per niente esposti rappresenta quasi la totalità del campione, essendo rispettivamente del 93,8%, 96,4% e 97,3%. Per il rischio biomeccanico tale percentuale scende al 73,4% e per i rischi fisici addirittura al 52,1%”.

Nel documento i risultati relativi alla percezione del rischio sono incrociati anche con le classi di età e la provenienza geografica mettendo in evidenza alcune associazioni statisticamente significative.

Riportiamo ora altri elementi tratti invece dalle domande sulla normativa di salute e sicurezza sul lavoro:

  • “alla domanda ‘Sei al corrente dell’esistenza in Italia di una legge – cosiddetto decreto 81 – che regolamenta la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro?’ emerge che ne è al corrente solo il 16,0% contro l’84,0% che dichiara di non esserne al corrente”. Anche in questo caso sono riportate associazioni statisticamente significative con il paese di origine;
  • ai 64 soggetti che sono a conoscenza dell’esistenza della norma “si chiede quanto ritengono che tale legge sia applicata nell’azienda in cui lavorano: il 46,9% ritiene che sia abbastanza applicata, il 29,7% molto applicata, il 17,2% completamente applicata. Percentuali al di sotto del 5% pensano che tali norme siano poco e per niente applicate”;
  • riguardo alla partecipazione a corsi di formazione finalizzati a fornire indicazioni e strumenti per la tutela della SSL, “il 33,3% afferma che l’azienda ha organizzato corsi di formazione, ma non vi ha partecipato, il 32,3% che l’azienda ha organizzato corsi chiari ed adeguati al livello linguistico, il 30,6% che l’azienda non ha organizzato corsi diformazione. Inoltre, il 3,0% afferma che l’azienda ha organizzato corsi, ma si sono presentati problemi di comprensione linguistica ed infine lo 0,7% ritiene che i corsi organizzati dall’azienda siano stati poco chiari”;
  • “la quasi totalità del campione (97,0%) ritiene che il lavoratore abbia degli obblighi di legge per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”;
  • “relativamente all’operato del DL, viene considerato abbastanza adeguato dal 50,0% del campione, a seguire il 43,3% lo considera molto adeguato. Il 4,7% lo ritiene completamente adeguato, mentre percentuali al di sotto del 2% lo ritengono poco e per niente adeguato”;
  • riguardo all’esistenza di un servizio di prevenzione e protezione “emerge che il 67,2% dichiara che tale servizio non esiste, il 15,9% afferma che esiste ed il 16,9% non sa rispondere”;
  • in merito alla conoscenza delle procedure per la prevenzione degli incendi e la gestione delle emergenze nel luogo di lavoro “il 46,0% le conosce contro il 54,0% che dichiara di non conoscerle”;
  • “il 95,3% del campione totale è stato visitato almeno una volta dal MC dell’azienda presso cui lavora.  Il 4,7% dichiara di non essere stato mai visitato”.

Concludiamo l’articolo riprendendo alcune riflessioni del documento Inail in merito non all’indagine, ma più generalmente ai problemi relativi alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori migranti.

Dopo aver riportato alcune utili definizioni, la pubblicazione ricorda che la “medicina delle migrazioni”, nel tempo, ha confermato che

non esistono malattie da immigrati, bensì un bisogno aspecifico di salute, che cambia nel corso del tempo – in rapporto al progetto migratorio e alla sua evoluzione, dal momento dell’ingresso nel paese d’arrivo all’eventuale stabilizzazione dell’insediamento – e di cui è portatore un insieme di soggetti (i migranti) quanto mai eterogeneo, pur se accomunato dalla condivisione di un’esperienza (la migrazione).

E

benché sia possibile definire similitudini e differenze, in rapporto ad alcune determinanti della salute, tra popolazioni appartenenti a gruppi etnici diversi, non vi sono invece specificità della popolazione immigrata rispetto a quella non immigrata.

In questo senso la particolare vulnerabilità dei lavoratori immigrati è

dovuta principalmente al fatto che essi occupano una posizione precaria nel mercato del lavoro, assai spesso adibiti a lavori gravosi e rischiosi (i cosiddetti 3D jobs – dangerous, dirty and demanding/degrading) ed impiegati in nicchie di domanda di bassa qualificazione con condizioni di lavoro ad elevata nocività per la salute e pericolosità per la sicurezza, con orari e turni di lavoro sfavorevoli.

Lascia un commento