Sicurezza e salute sul lavoro in Europa: stato e tendenze 2023

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Il vertice tenutosi a Stoccolma lo scorso 15-16 maggio, organizzato dalla Commissione europea e dalla Presidenza svedese dell’Ue, ha valutato l’attuazione in corso del Quadro strategico per la salute e la sicurezza sul lavoro 2021-2027 emanato dalla Commissione Europea nel giugno 2021. Tale valutazione è stata fatta anche mediante il Rapporto presentato, nel corso dell’incontro, dall’Agenzia europea di Bilbao dal titolo Sicurezza e salute sul lavoro in Europa: stato e tendenze 2023.

La relazione offre una panoramica sui potenziali miglioramenti, sugli aspetti rimasti stagnanti, sui settori critici, sulle future sfide nel campo della Ssl… sulle aree di preoccupazione.

Il rapporto affronta tematiche che hanno interessato i Paesi dell’Unione in un periodo appena trascorso, compreso tra i 10 e i 25 anni.

Ad esempio, tra il 1998 e il 2019 gli infortuni sul lavoro non mortali sono diminuiti del 58 % nell’UE, mentre quelli mortali sono scesi del 57 %. A queste riduzioni ha contribuito il miglioramento delle misure di prevenzione, oltre agli sviluppi economici e ai mutamenti della forza lavoro. Tuttavia, il calo si è verificato per la maggior parte prima del 2010 e le cifre sono rimaste stagnanti negli ultimi anni,

questo quanto dichiara il direttore esecutivo ad interim dell’Eu-Osha William Cockburn.

Fonti informative

Per la redazione del Rapporto l’Agenzia europea ha utilizzato le seguenti principali fonti di dati:

  • statistiche di Eurostat
  • Indagine europea sulle imprese sui rischi nuovi ed emergenti, Esener 3 dell’Eu-Osha,
  • Indagine europea sulle condizioni di lavoro, Ewcs, di Eurofound
  • Indagine sulle forze di lavoro (Ifl) di Eurostat
  • Eurobarometro Flash 6,
  • rapporti tematici su rischi specifici, gruppi di lavoratori, sistemi e infrastrutture di Ssl
  • valutazioni e accertamenti del livello di attuazione delle direttive in materia di Ssl (ad es. da parte della Dg Occupazione)
  • Indagini del Comitato degli ispettori del lavoro.

L’Agenzia utilizza i dati, forniti dalle fonti sopra indicate, organizzati nel Barometro Osh, strumento che rende disponibile un ampio quadro di informazioni su Ssl tra cui: infortuni sul lavoro, malattie e benessere, nonché le condizioni di lavoro e la prevenzione, oltre alle informazioni economiche e settoriali. Lo strumento inoltre presenta le autorità e le strategie nazionali in materia di Ssl.

Barometro Osh: di cosa si tratta?

Il Barometro Osh è uno strumento di visualizzazione dei dati.

Si tratta di un sistema di informazione pubblico a livello dell’Ue sui fatti e le cifre più importanti relative alla sicurezza e alla salute sul lavoro. Il sistema fornisce informazioni visualizzate per importanti indicatori di Ssl a livello Ue e nazionale: si basa su statistiche, sondaggi e dati pubblici.

I dati del Barometro possono essere facilmente visualizzati e analizzati paese per paese, si possono generare grafici ed è possibile scaricare un rapporto relativo a tutti i dati disponibili per ciascun paese. Il Barometro della Ssl viene aggiornato regolarmente con nuovi indicatori, dati, pubblicazioni e caratteristiche.

Se si vuole accedere allo strumento: https://visualisation.osha.europa.eu/oshbarometer/

Prima di ogni altra ulteriore riflessione e valutazione dobbiamo ricordare qual è ancora oggi in Europa il peso che grava sulle condizioni di lavoro e sui lavoratori: parliamo di più di 3.000 incidenti mortali sul lavoro all’anno, più di 230.000 infortuni gravi sul lavoro e circa 180.000 decessi per malattie professionali. Per i 232.892 lavoratori, coinvolti nel 2019 in incidenti gravi, non dobbiamo dimenticare che si tratta di danni che hanno comportato un’assenza di più di tre mesi dal lavoro o di un’invalidità permanente.

E se il numero di infortuni sul lavoro registrati da Eurostat è diminuito significativamente, come evidenziava William Cockburn, nel periodo tra il 1994 e il 2020, successivamente la situazione si è consolidata senza far registrare ulteriori miglioramenti. Secondo il Rapporto dell’Agenzia gli aspetti maggiormente critici che si sono evidenziati negli ultimi 30 anni riguardano sia le modalità di definizione che di applicazione della legislazione in particolare per alcuni settori e tipi di lavoro (“lavoro mobile” o a domicilio), tipi di imprese (micro e piccole imprese), e per le forme di lavoro meno sicure e irregolari informali, precarie e illegali, ad esempio, in diversi tipi di lavoro stagionale o subappaltato. A questi fattori si aggiungono

i cambiamenti permanenti e apparentemente in accelerazione delle politiche economiche e sociali, delle tecnologie e delle forme di lavoro, la composizione demografica della forza lavoro….

I fattori di rischio

Lo scenario relativo ai fattori di rischio dagli anni ’90 in poi è significativamente cambiato in relazione ai cambiamenti delle mansioni lavorative e della distribuzione della forza lavoro tra i settori, al progresso tecnologico, al permanere della delocalizzazione, allo sviluppo di livelli di competenze più elevati che hanno portato a una minore occupazione nelle attività manuali e a una maggiore occupazione nelle occupazioni amministrative (impiegate, professionali, manageriali, ecc.), nonché in occupazioni orientate al cliente e occupazioni di carattere comunicativo.

Sappiamo quindi che oggi i rischi si manifestano prevalentemente (dal punto di vista quantitativo) nell’ambito psicosociale per la salute mentale (sono aumentate le sfide emotive) e dei disturbi osteoarticolari, in particolare per la ridotta attività fisica (posizioni sedute per molte ore in diversi settori non solo impiegatizi ma anche nei trasporti, nel turismo, nell’industria).

“I tre aspetti ‘Clienti difficili’, ‘Comunicazione scadente’ e ‘Orari di lavoro Lunghi’ sono molto più presenti in settori con un alto livello di lavoro orientato

al cliente, che si tratti di turismo, intrattenimento o istruzione, trasporti pubblici, assistenza sociale , o salute e cura.

I clienti difficili sembrano essere il carico psicosociale più diffuso.

Ciò detto permangono nel quadro dei rischi connessi al lavoro ancora aspetti legati alle esposizioni “classiche” o al lavoro ergonomicamente gravoso:

  • un gran numero di lavoratori in tutti i settori – tra il 40% e il 75% (Indagine Esener e Indagine Ewcs) – segnalano rischi ergonomici classici (movimenti ripetitivi di mani e braccia nell’industria e nei servizi, per lavoratori manuali poco qualificati; movimentazione di carichi pesanti in professioni artigiane, o pazienti in professioni sanitarie e assistenziali anche di lavoratori qualificati, e posizioni faticose e dolorose per operai altamente specializzati)
  • ancora una quota abbastanza costante di lavoratori denuncia l’esposizione a rischi fisici come rumore, vibrazioni, alte o basse temperature e ad agenti chimici e biologici; a seconda della professione e del settore, tra il 15% e il 30% dei lavoratori sono esposti a tali rischi (Indagine Ewcs). Negli ultimi 15 anni non si sono osservate diminuzioni di questi rischi[1].
  • in diverse occupazioni, i classici rischi per la sicurezza spesso si aggiungono alle esposizioni sopra menzionate, vale a dire scivolate, inciampi e cadute, rischi relativi a parti mobili di macchinari, veicoli in movimento, esposizione a caldo, freddo, materiali pericolosi, rumore forte, prodotti chimici o sostanze biologiche, e in generale lavoro fisicamente
  • nel periodo di 10 anni prima del 2005, le indagini a livello della Unione europea hanno rilevato un aumento significativo dell’intensità del lavoro. Con maggiore pressione temporale nelle imprese più grandi che in quelle piccole. Tuttavia i dati statistici (Eurostat) segnalano per tutti i tipi di “occupazione con orario di lavoro atipico” una lieve diminuzione tra il 2011 e il 2019, dal 38,8% al 37,2%, per tutta la forza lavoro occupata e tutti i tipi di orario atipico. Per i lavoratori autonomi ad alta dirigenza, questo tasso è del 43,2% e per i lavoratori autonomi a bassa dirigenza del 64,5%.

Il Report dell’Agenzia rileva ovviamente il cambiamento significativo nelle condizioni di lavoro verso una quota maggiore di diversi tipi di “lavoro atipico”, evidenziandone le caratteristiche quali: il lavoro a tempo parziale, il lavoro interinale, il lavoro a tempo determinato il lavoro stagionale, il lavoro saltuario, il lavoro a domicilio, il telelavoro, il lavoro autonomo e il lavoro familiare. I dati relativi ai cambiamenti nei rapporti di lavoro indicano come questi siano intervenuti in tempi strettissimi se si considera ad esempio la quota di lavoro presso il datore di lavoro prima e dopo la pandemia: la quota di lavoro da casa è in poco più di due anni più che raddoppiata: nell’Ue27 è passato dal 5,4% nel 2019 al 13,4% nel 2021.

Per quanto riguarda i danni alla salute legati al lavoro questi rappresentano un onere molto più elevato per la società rispetto agli infortuni sul lavoro: più numerosi i lavoratori coinvolti e elevata la gravità degli eventi. Considerando le malattie professionali ufficialmente riconosciute, l’andamento degli esiti sanitari (decessi, malattie) causati da esposizioni sul lavoro, secondo Eurostat diminuisce analogamente all’andamento degli infortuni. Tuttavia, le ultime stime dell’onere delle malattie dell’Oms/Ilo e dell’Icoh non mostrano un calo delle malattie legate al lavoro. E i numeri restano rilevanti.

 

Decessi correlati al lavoro – stime di Oms/Ilo52 e Icoh 53 per l’Ue27
(cifre assolute)
Oms/Oil 2016  

Totale

Tumori amianto

66.808

Obstr. Cronico polmonare

18.103

CVD [2] (ictus, cardiopatia,ischemia)

14.000

Tumori correlati a sostanze chimiche

9.156

Infortuni

5.593

Asma 132 113792
Icoh[3] 2019 Totale

Cancro

80.259

CVD

60.082

Altro

32.075

Infortuni

3.580

175.996
Cosa si evidenzia dai dati del Report dell’Agenzia?

Se da un punto di vista quantitativo prevalgono i nuovi rischi sono sempre i vecchi le prime cause di morte sia per gli infortuni (cadute, utilizzo di attrezzature ecc.) che per le malattie professionali (esposizioni): si tratta quindi di rischi analizzati e studiati approfonditamente per la cui prevenzione sono disponibili centinaia di soluzioni e buone prassi validate. Quindi le vere cause sono per lo più da ricercare nelle pieghe dell’organizzazione del lavoro se non nella disattenzione delle più elementari e note misure di prevenzione: si pone qui evidentemente un problema di vigilanza e supporto nei confronti in particolare delle micro e piccole imprese e dei lavoratori impegnati nelle diverse forme del lavoro flessibile.

La lettura del Report dell’Agenzia – che dà ampio spazio all’esame dei cambiamenti dei rapporti di lavoro e delle condizioni di lavoro, che si confermano sempre più radicati nella flessibilità – suggerisce un’ulteriore riflessione. Prendiamo in considerazione due degli istituti più significativi introdotti dalla Direttiva Quadro nel 1989, recepiti nelle legislazioni nazionali: il Servizio di prevenzione e protezione (ovvero il supporto tecnico al datore di lavoro) e il Sistema di rappresentanza dei lavoratori esteso a tutte le aziende (ovvero il Rappresentante dei lavoratori quale supporto di carattere relazionale per il datore di lavoro). Entrambi questi istituti – lo si diceva già una paio di decenni fa con il crescere delle micro e piccole imprese (allora) e lo riconferma la frammentazione dei rapporti di lavoro (oggi) – sono di fatto sempre più difficilmente esigibili nelle modalità generali indicate dalla direttiva e per lo più dalle legislazioni nazionali. C’è bisogno di un cambiamento radicale che tenga conto dei nuovi scenari dell’economia e del lavoro. L’ottica aziendale dovrebbe assolutamente essere affiancata, per le tipologie di aziende e di rapporti di lavoro citati, da un’ottica territoriale in cui le figure dei due istituti dovrebbero poter intrecciare strette relazioni e offrire davvero ai lavoratori e alle imprese un supporto in tema di individuazione valutazione e gestione dei rischi. Ma di tutto questo non si parla né a livello nazionale né comunitario. Lo abbiamo già detto mole volte, ma val la pena ricordarlo: l’Agenzia di Bilbao, la Fondazione di Dublino e le diverse indagine sui temi di interesse offrono molti spunti di riflessioni e informazioni utili ma gli utilizzatori istituzionali sembra non vedano dove stanno davvero gli ostacoli e quali strumenti, anche legislativi, bisognerebbe mettere in campo.


NOTE

[1] È interessante notare che il modulo ad hoc dell’Indagine LFS (Eurostat) “Infortuni sul lavoro e altri problemi di salute connessi al lavoro” mostra valori molto più bassi – tra il 3% e il 10% – a causa di un diversa approccio metodologico (gli intervistati dovevano determinare un fattore di rischio che consideravano il più importante tra 11 fattori di rischio).

[2] Malattie cardiovascolari

[3] ICOH, International Commission on Occupational Health

 

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