Repertorio Salute

Sulla corretta classificazione del Covid-19

sulla corretta classificazione del covid-19

Al momento della pubblicazione, il tema dibattuto in questo articolo potrebbe aver trovato già una sua soluzione in seno alla Commissione europea, ritengo in ogni caso utili i termini del dibattito sul tema della classificazione degli agenti biologici.

sulla corretta classificazione del covid-19

La Commissione europea ha presentato alla Commissione Occupazione del Parlamento Europeo la proposta con cui intende intervenire nel merito di quanto previsto dalla Direttiva 2000/54/CE (recepita nella nostra legislazione con il D.Lgs.81/2008), relativamente alla classificazione del Covid-19 tra gli agenti biologici a cui possono essere esposti i lavoratori. La proposta della Commissione europea è quella di classificare il Covid-19 a livello 3.

A questa proposta hanno fatto seguito diversi interventi ed è stata presentata un’obiezione formale affinché la Commissione riesamini il testo e classifichi il Covid-19 tra gli agenti biologici di livello 4.

Gli interventi, che hanno il tratto della comune preoccupazione, si basano su assunti veri o di buon senso, difficilmente contestabili:

  • “tale classificazione è fondamentale poiché dal grado di rischio ad esso associato discenderanno gli obblighi per i datori di lavoro e gli standard di sicurezza e prevenzione stabiliti dalla legislazione a livello europeo”;
  • “l’Europa ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane spezzate per effetto della pandemia da Coronavirus, e la situazione rischia di essere ulteriormente aggravata in caso di classificazione al livello 3”;
  • “catalogare il Coronavirus tra gli agenti biologici di livello 3 significa prevedere degli standard di sicurezza e prevenzione meno efficienti e meno efficaci”.

Ciò nonostante occorre fare un ulteriore sforzo per comprendere la natura del dibattito. Come noto gli agenti biologici sono classificati in 4 gruppi di rischio. Leggiamo cosa indica la Direttiva 2000/54/CE ripresa nell’articolo 268 del D.Lgs. 81/2008 in merito alla classificazione degli agenti biologici:

1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione: (a noi interessano i soli due gruppi a maggior rischio)
[…] c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
[…] d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.

La differenza quindi tra un agente del gruppo 3 ed un agente del gruppo 4 dal punto di vista della sua definizione è indicata chiaramente da due elementi: il rischio di propagazione (trasmissibilità) e la disponibilità di misure profilattiche e terapeutiche (neutralizzabilità).

  • L’agente del gruppo 3 può propagarsi nella comunità, quello del gruppo 4 può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità.
  • Per gli agenti del gruppo 3 di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche, per quelli del gruppo 4 non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

Non c’è dubbio che se ripensiamo a ciò che è accaduto in questi mesi siamo indotti a pensare che:

  • Il Covid-19 costituisce un elevato rischio di propagazione nella comunità, seppure devo confessare che non conosco i calcoli statistici che permettono di misurare la capacità di diffondersi di un virus, quello che abbiamo imparato ad associare con R0 (il tasso netto di riproduzione dell’infezione). Solo per fare degli esempi, l’influenza stagionale ha un R0 stimato tra 0,9 e 2,1 (indice considerato dagli epidemiologi relativamente basso), l’epidemia di ebola nel 2014 ha avuto un R0 stimato tra 1,5 e 2,5, il morbillo (che credo sia il più elevato in assoluto) va da 12 a 18.
  • Le tristi evidenze di questi mesi e i morti che questo virus ha fatto ci inducono a concludere che ancora non disponiamo di efficaci misure profilattiche o terapeutiche, seppure per fare un ragionamento scientificamente corretto credo occorrerebbe confrontare diversi dati utili a valutare la neutralizzabilità (tra questi forse il tasso di letalità), inoltre ho il dubbio che seppure esistono delle misure terapeutiche queste avrebbero necessitato una diversa gestione sanitaria, che non è arrivata perché ci siamo tutti trovati completamente impreparati in una prima fase, durante la quale conoscevamo molto poco questo virus.

Se dovessi dare un giudizio, basato esclusivamente sulla mia percezione del rischio (indubbiamente influenzata dalla non brillante comunicazione proveniente dai media, dalla comunità scientifica divisa e spesso contraddittoria), personalmente indicherei questo agente biologico come appartenente al gruppo 4. Seppure non sarebbe il mio un giudizio scientificamente fondato, non terrebbe conto né della trasmissibilità (R0), né della neutralizzabilità.

La percezione comune è che “siamo di fronte a qualcosa di cui conosciamo ancora molto poco e per la quale al momento non abbiamo una cura efficace, né abbiamo un vaccino che possa prevenire o contenere il contagio (quest’ultimo arriverà solo nei prossimi mesi)”.

Non spetta a me dare un giudizio su tale richiesta di classificazione, non avrei le conoscenze necessarie, vorrei solo indicare come un giudizio di questo tipo non sia così semplice da dare, né scontato, come sembra venir rappresentato nel dibattito (mediatico e sui social) che ha seguito la proposta della Commissione europea. Si rischia di esprimere un giudizio superficiale che non aiuta a migliorare la prevenzione e protezione dei lavoratori. Augurandomi che chi deciderà sulla classificazione (la comunità scientifica) ne abbia le capacità, mi accingo, avendo reso note le mie preoccupazioni, ad analizzare cosa cambia realmente dal punto di vista della tutela, per i lavoratori, classificare questo agente biologico al gruppo 3 piuttosto che al gruppo 4.

La direttiva 2000/54/CE e l’allegato XLVI del d.lgs.81/08 riportano l’elenco degli agenti biologici classificati.

  • Appartengono al gruppo 4: Virus Lassa (febbre emorragica), Virus Guanarito (Febbre emorragica venezuelana), Virus Junin (febbre emorragica argentina), Virus Sabia (febbre emorragica brasiliano), Virus Machupo (febbre emorragica boliviana), Virus della febbre emorragica di Crimea/Congo, Virus Ebola, Virus di Marburg (febbre emorragica di Marburg), Variola (mayor & minor) virus, Whitepox virus (variola virus), Morbillivirus equino.
  • Mentre appartengono al gruppo 3: Virus della coriomeningite linfocitaria (ceppi neurotropi), Virus Flexal (mammarenavirus Flexal), Hantaan (febbre emorragica coreana), Seoul-Virus, Sin Nombre (ex Muerto Canyon), Febbre della Valle del Rift, Virus dell’epatite E, Encefalite d’Australia (Encefalite della Valle Murray), Virus dell’encefalite da zecca dell’Europa Centrale, Virus dell’epatite C, Virus dell’epatite G, Encefalite B giapponese, Encefalite verno-estiva russa (a), Encefalite di St. Louis, Virus della Valle del Nilo, Febbre gialla, Virus dell’epatite B, Virus dell’epatite D (Delta) (b), Herpesvirus simiae (B virus), Virus della sindrome di immunodeficienza umana (AIDS), Virus di leucemie umane a cellule T (HTLV) tipi 1 e 2, Virus della rabbia, Virus Chikungunya, Encefalomielite equina del Venezuela, Encefalomielite equina dell’America dell’Ovest, Morbo di Creutzfeldt-Jakob, Encefalite spongiforme bovina (BSE)…

Ho riportato questi esempi estratti dall’allegato del testo unico dedicato agli agenti biologici classificati, per rendere la difficoltà, per chi non sia un virologo o comunque un esperto del settore, di quanto sia complicato districarsi. Devo confessare che non saprei dire se il Covid-19, dal punto di vista del rischio di propagazione del virus nella comunità e della disponibilità di efficaci misure profilattiche o terapeutiche, sia maggiormente assimilabile ad un arenavirus come il Virus Lassa, che provoca febbre emorragica, o al Virus della sindrome di immunodeficienza umana (AIDS), se sia più corretto classificarlo allo stesso livello di un variola virus o del Virus Chikungunya, se le misure di prevenzione e protezione da adottare debbono essere quelle che occorre adottare per il Virus Ebola o per il Morbo di Creutzfeldt-Jakob.

Ma cosa cambia dal punto di vista delle misure di prevenzione e protezione se l’agente biologico è classificato al gruppo 3 piuttosto che 4?

Per quanto riguarda l’obbligo della valutazione del rischio, rimando alla lettura del mio articolo Il punto sul dibattito “Emergenza pandemia” tra gli esperti della prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro, su ambiente&sicurezza sul lavoro, giugno/luglio 2020.

… Il datore di lavoro, qualunque sia l’oggetto della sua attività, deve prendere atto del rischio pandemico come comunicato dalle autorità sanitarie e prendere le adeguate misure di prevenzione e protezione, garantendo il rispetto di tutte le misure di igiene pubblica e la piena attuazione delle misure di prevenzione e protezione previste nei D.P.C.M. per il contrasto alla diffusione del Coronavirus, nel cosiddetto protocollo condiviso e nelle linee guida delle Regioni. Tali misure dovranno essere fatte rispettare fino al termine dell’emergenza che verrà decretato dalle competenti autorità. Questo indipendentemente dalla classificazione dell’agente biologico.

Per tutte quelle attività dove lo specifico rischio non sia un rischio di natura professionale, ad esempio una azienda metalmeccanica piuttosto che un ufficio studi, un’azienda della ristorazione piuttosto che del turismo, il rispetto di queste norme sarà sufficiente e in questi casi il margine di discrezionalità del datore di lavoro è molto marginale.

Mentre le attività che rientrano tra quelle che “espongono deliberatamente” i lavoratori ad un rischio, da ricondursi all’uso di agenti biologici, derivante dalla specificità delle lavorazioni, o comunque ad una “esposizione potenziale”, come ad esempio laboratori per analisi,  ospedali destinati alla cura di pazienti Covid o con probabile accesso di positivi nei reparti di emergenza e/o degenza, o residenze che debbano ospitare malati Covid, per tutte queste attività è richiesto oltre all’obbligo generale indicato, effettuare una specifica valutazione del rischio biologico, ed attuare le misure tecniche, organizzative e procedurali, le misure igieniche e specifiche come indicato all’art. 271 e seguenti del D.Lgs. 81/2008.

Dove la classificazione degli agenti biologici incide in maniera importante è sulle misure di contenimento che debbono essere adottate dalle  aziende che espongono i lavoratori a quegli agenti biologici.

La Direttiva 2000/54/CE (e l’allegato XLVII del D.Lgs. 81/2008) indicano le misure che in base alla natura delle attività, alla valutazione del rischio per i lavoratori e alla natura dell’agente biologico, variano in relazione alla classificazione dell’agente biologico da trattare. Riportiamo a titolo di esempio alcune indicazioni dell’allegato XLVII:

  • La zona di lavoro dovrà essere separata da qualsiasi altra attività nello stesso edificio per attività che espongono ad agenti biologici del gruppo 4, mentre la separazione e solo consigliata per lavorazioni che espongono ad agenti biologici del gruppo 3.
  • L’aria immessa nella zona di lavoro e l’aria estratta devono essere filtrate attraverso un ultrafiltro (HEPA) o un filtro simile per agenti biologici del gruppo 4, se l’agente biologico appartiene al gruppo 3 la misura vale solo per l’aria estratta.
  • L’accesso deve essere limitato alle persone autorizzate in entrambi i casi, per agenti biologici del gruppo 4 deve avvenire attraverso una camera di compensazione.
  • La zona di lavoro deve poter essere chiusa a tenuta per consentire la disinfezione per il gruppo 4, la misura è solo raccomandata per il gruppo 3.
  • La zona di lavoro deve essere mantenuta ad una pressione negativa rispetto a quella atmosferica per il gruppo 4, la misura è raccomandata (non obbligatoria) per il gruppo 3.
  • Finestra d’ispezione o altro dispositivo che permetta di vederne gli occupanti per il gruppo 4 è solo raccomandata per il gruppo 3.

Per completezza occorre anche citare l’allegato XLVIII che norma le misure e i livelli di contenimento da realizzare in funzione degli agenti biologici presenti nei processi industriali.

In conclusione dobbiamo dire che quando si discute di classificare un agente biologico ad un gruppo piuttosto che ad un altro, stiamo decidendo quali misure siano adatte e sufficienti a contenerne il rischio, e quali siano ridondanti, inutili: se sia necessario che l’aria immessa e quella estratta, dalla zona di lavoro, sia filtrata attraverso un ultrafiltro (HEPA) o se sia sufficiente filtrare solo quella estratta; se occorra che la zona di lavoro debba essere mantenuta ad una pressione negativa rispetto a quella atmosferica, per evitare che in caso di incidente l’apertura di una falla possa far diffondere l’agente biologico all’esterno; qualsiasi altro ragionamento non funziona. Ne possiamo immaginare che sia preferibile sempre adottare il massimo delle misure disponibili.

È comunque auspicabile che non appena sarà possibile, avere analisi più approfondite rispetto l’esperienza di questo periodo, vengano pubblicate buone pratiche (piani di emergenza), per i diversi settori produttivi, che in eventuali future situazioni simili possano prontamente essere adottate da tutti, venendo incontro in particolare alle PMI che spesso non hanno le risorse per affrontare prontamente ed efficacemente tali emergenze.

In conclusione.

Forse per poter valutare gli effetti reali di questa proposta della Commissione europea (ma questo vale per tutte le situazioni complesse) per decidere se tali proposte ignorino colpevolmente, o meno, alcune delle caratteristiche che rendono il Coronavirus così insidioso, occorrerebbe approfondire gli aspetti che ho evidenziato e comprendere che non si gestiscono i rischi in ambito lavorativo semplicemente adottando formalmente le misure più drastiche possibili, salvo poi disinteressarsi della loro fattiva applicazione, o delle conseguenze di quella applicazione.

Il fatto poi che sia stato previsto di lasciare agli Stati membri “ben cinque mesi” di tempo per il recepimento e l’implementazione della direttiva, è comprensibilissimo, per evitare di effettuare scelte affrettate basate più sulla percezione del senso comune che su valutazioni oggettive. Questo tempo non significa assolutamente “esporre di fatto centinaia di milioni di lavoratori a una possibile seconda ondata epidemica prevista dagli scienziati in autunno, se non prima”, perché sono state in questi mesi elaborate delle norme di comportamento che devono essere eseguite e che eventualmente saremo preparati ad adottare in caso di una seconda ondata con maggior efficienza ed efficacia di quanto non avvenuto nella prima fase.

Proprio perché la salute dei lavoratori deve essere una priorità della Commissione europea occorre auspicare che essa prenda atto delle critiche e dei rilievi che giungono dai rappresentanti dei lavoratori, dalla politica, dalla società civile e le valuti con l’indispensabile apporto della comunità scientifica, prima di prendere le decisioni, che inevitabilmente risentiranno delle differenti vedute presenti nella società così come nella comunità scientifica.

Se necessario tutti noi speriamo che la Commissione torni sui suoi passi, e (se necessario) modifichi la sua impostazione, ben sapendo che sarà compito della politica e quindi del  Parlamento l’onere di decidere, ci si augura in scienza e coscienza.

In conclusione a queste riflessioni occorre ricordare che la direttiva 2000/54/CE chiarisce come l’elenco degli agenti biologici classificati, non è un elenco cristallizzato e immutabile, ma rifletta lo stato delle conoscenze al momento in cui è stato concepito, e che dovrà essere aggiornato non appena lo stato delle conoscenze lo renda opportuno. E questo vale per tutti gli agenti biologici, Covid-19 compreso.

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