Repertorio Salute

Telefoni cellulari e malattie professionali

Fonte: ANMIL
Avv. Mauro Dalla Chiesa, Consulente Legale ANMIL


Pubblichiamo un approfondimento dell’Avv. Mauro Dalla Chiesa, Consulente Legale ANMIL, circa le sentenze dei tribunali di Ivrea e di Firenze sul tema della malattia professionale e danno alla salute causate dai telefoni cellulari.

CELLULARI, TUMORI, MALATTIA PROFESSIONALE E DANNO ALLA SALUTE. UN APPROFONDIMENTO DOPO IL CLAMORE MEDIATICO DELLE SENTENZE DEI TRIBUNALI DI IVREA E DI FIRENZE

I media hanno dato grande rilievo alle decisioni dei Tribunali di Ivrea e Firenze, che hanno riconosciuto il nesso di causalità tra l’utilizzo di telefoni cellulari e/o cordless ed una particolare patologia tumorale (il neurinoma).

Le sentenze citate, che fanno seguito alla storica sentenza di Cassazione Civile del 2012 n. 17438, hanno qualificato queste patologie come malattie professionali con diritto all’indennizzo INAIL per i lavoratori.

In questo caso si discute delle cosiddette malattie professionali non tabellate (cioè di quelle patologie per cui non esiste la presunzione di nesso causalità tra malattia e mansione lavorativa); si tratta di patologie ad eziologia multifattoriale per le quali la prova del nesso deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

I tre precedenti giurisprudenziali riguardano lavoratori che hanno utilizzato cellulari e cordless in modo intensivo.

Per il caso di Ivrea la perizia ha accertato un utilizzo medio del cellulare e/o del cordless per circa 4 ore giornaliere in un arco di quindici anni, quindi, un uso intensivo e sicuramente superiore a quello della media.

Sul punto sono in corso iniziative di contrasto al fenomeno da parte di un’associazione di consumatori che ha promosso in questi giorni una “class action” contro il Governo, il Ministero della Salute, l’INAIL e le principali case produttrici di cellulari, ritenendo già provato al di là di ogni ragionevole dubbio, il nesso di causalità tra i tumori e l’utilizzo dei telefoni cellulari.

Senza voler entrare nel merito delle iniziative, va effettuata un’analisi di quello che è lo stato attuale del dibattito scientifico.

Alcuni studi richiamati anche dal consulente tecnico d’ufficio che si è occupato dei tre casi indennizzati, avevano evidenziato l’associazione tra l’esposizione ad onde elettromagnetiche ed un particolare tipo di tumore cerebrale chiamato neurinoma del Ganglio di Gasser che colpisce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico e, più raramente, il nervo cranico trigemino.

Quali fattori di rischio venivano considerati il tempo di esposizione, l’ipsilateralità (cioè l’utilizzo del telefono cellulare in una determinata area dello spazio endocranico) e l’età, con un rischio relativo calcolato molto significativo.

Altri studi scientifici condotti, invece, tendevano ad escludere un legame netto e univoco tra l’esposizione alle onde elettromagnetiche e l’insorgenza dei tumori.

La maggior parte degli studi scientifici condotti al riguardo, comunque, considerano un rischio l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche qualificando l’utilizzo dei cellulari come agente potenzialmente cancerogeno.

L’OMS, massima autorità mondiale in campo sanitario, qualifica il cellulare come agente potenzialmente cancerogeno.

L’orientamento giurisprudenziale richiamato evidenzia due azioni immediate: la prima è quella di invitare l’INAIL a considerare i tumori collegati all’uso di cellulari e cordless in caso di intensa esposizione lavorativa, quale malattia professionale tabellata, nonché, ad intraprendere studi ed indagini epidemiologiche tese ad indagare quali siano gli effettivi limiti non nocivi dell’ esposizione alle radiazioni elettromagnetiche dei cellulari e degli impianti wi-fi ad alta potenza presenti sui luoghi di lavoro.

La seconda azione è rivolta, invece, ad una valutazione del rischio nei documenti di valutazione aziendale previsti dal D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche.

Va ricordato che l’articolo 28 di tale decreto legislativo prescrive che il datore di lavoro debba procedere alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

Il nuovo obbligo di valutazione, introdotto per la prima volta nel 1994 e poi trasposto nel T.U. del 2008, impone un’elaborazione della valutazione stessa a priori e non sulla base delle esperienze negative passate. Si tratta di una valutazione di tipo scientifico effettuata al momento dell’avvio dell’attività aziendale sulla base delle conoscenze tecnologiche acquisite e tendente all’eliminazione del rischio alla fonte o, quantomeno, alla sua riduzione al minimo.

La valutazione dovrà riguardare non soltanto i rischi indicati espressamente nei titoli e nei capi del medesimo D.Lgs. 81/2008, ma tutti i rischi direttamente o indirettamente ricollegabili all’attività lavorativa. Tale necessità, era già stata stabilità con l’art. 21, comma 2 della L. 39/2002, che ha modificato l’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 626/1994 a seguito della sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia Europea del 15 novembre 2001.

È necessario pertanto, in attesa di uno studio che risolva in maniera inequivoca il nesso di causalità tra le patologie tumorali e l’uso dei telefoni cellulari, utilizzare misure precauzionali che in un’ottica prevenzionale riducano sensibilmente l’esposizione al rischio patogeno.

In altre parole, il datore di lavoro dovrà analizzare quale sia l’utilizzo di natura professionale dei telefoni da parte del dipendente e, qualora lo stesso sia intensivo, adottare e vigilare sull’adozione di misure di prevenzione, quale ad esempio l’utilizzo di auricolari o della funzione viva voce, così riducendo l’esposizione alle onde elettromagnetiche delle aree cerebrali.

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