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Valutazione del rischio in ottica di genere: strumenti di supporto

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L’INAIL ha pubblicato nel mese in corso un volume dedicato alla Valutazione dei rischi in ottica di genere, tematica di cui si è parlato molto a ridosso dell’emanazione del D.Lgs. 81/2008, ma che non fa significativi passi avanti nella pratica quotidiana a livello aziendale.

Attualmente, nella valutazione dei rischi in ottica di genere, si rilevano difficoltà attuative e, più in generale, carenza di metodologie standardizzate. Occorre tenere conto, infatti, che non solo uomini e donne possono essere esposti a rischi diversi nei vari comparti di lavoro, ma possono rispondere in maniera diversa alla stessa esposizione a un determinato rischio. Tuttavia, ancora oggi, nei documenti di valutazione dei rischi la differenza di genere è spesso confusa con la tutela delle lavoratrici madri, che, invece, è declinata in una norma specifica (D.Lgs. 151 del 2001). Inoltre, tradizionalmente, la normativa non ha fatto distinzione tra i generi, tanto che luoghi di lavoro, macchine, attrezzature, postazioni e dispositivi di protezione individuale (dpi), sono stati progettati per individui occidentali, di sesso maschile e di corporatura ed età medie e standardizzate. Lo stesso è avvenuto per il calcolo dei limiti di esposizione alle sostanze pericolose. [1]

La monografia, che è la prima di una serie dedicata all’integrazione della valutazione dei rischi in ottica di generale, è costituita da una parte generale che permette di contestualizzare la tematica e una parte pratica (schede di rischio) che viene fornita come supporto al datore di lavoro. Le schede di rischio hanno un carattere sintetico e intendono facilitare l’azione di integrazione dell’ottica di genere da parte del datore di lavoro nella valutazione dei rischi, per lo più già redatta.

Le schede,

a partire da una breve descrizione del rischio, evidenziano se lo stesso sia ‘neutro’, ovvero indifferenziato rispetto al genere, o abbia specificità di genere, anche in relazione ai danni connessi e alle misure di prevenzione e protezione differenziate. Le schede di rischio sono precedute da una scheda ‘preliminare’ che ha la funzione di rilevare e riportare tutti gli elementi aziendali e organizzativi utili a impostare correttamente la valutazione dei rischi in ottica di genere.

Il volume presenta le seguenti schede proposte con colori diversi sulla base della diversa natura dei rischi (trasversali e organizzativi, ergonomia agenti fisici agenti biologici rischio stradale e in itinere). 

Schede di rischio
  • Analisi aziendale
  • Rischio da molestie e violenza
  • Rischio da lavoro notturno
  • Rischi di natura ergonomica
  • Rischi da agenti fisici
  • Rischio vibrazioni mano braccio
  • Rischio da agenti chimici
  • Rischio da agenti cancerogeni mutageni e reprotossici
  • Rischio da agenti biologici
  • Rischio infortuni in itinere

Si prevede per le successive monografie l’elaborazione di ulteriori schede di rischio in ottica di genere, e l’eventuale aggiornamento di quelle pubblicate.

Alla “scheda generale” che precede le schede tematiche, di rischio, è affidato il compito di rilevare e registrare gli aspetti aziendali e organizzativi fondamentali per impostare correttamente la valutazione dei rischi, in particolare quella in ottica di genere. Le schede tematiche applicano un format che è coerente con la proposta metodologica dell’INAIL e che prevede le fasi descritte nella seguente tabella.

Format della scheda
  • Breve descrizione del rischio
  • Successivamente viene evidenziato se lo stesso, oltre ad essere “neutro”, ovvero trasversale ai due sessi, rappresenti delle specificità per l’uomo piuttosto che per la donna.
  • Nelle “fonti di rischio” sono elencati, in modo sintetico e non esaustivo, i settori produttivi, le lavorazioni o le mansioni in cui più frequentemente è presente il rischio in analisi.
  • Sono quindi trattati separatamente gli effetti sulla salute e sulla sicurezza, con evidenza dei danni di tipo neutro (nei casi in cui non vi siano evidenze scientifiche di differenziazione uomo/donna) e quelli specifici, nei casi in cui gli studi rivelino ad esempio esiti infortunistici o di salute diversi in base al sesso. In particolare, sono valutate le differenze nell’assorbimento, nel metabolismo, nell’escrezione, nei fattori od organi bersaglio.
  • Così come per i danni, anche le misure di prevenzione e protezione possono essere differenziate per genere, laddove previsto.

I ricercatori sottolineano un aspetto molto importante di cui va tenuto conto se non si vuole cadere ancora una volta in comportamenti discriminatori:

È fondamentale sottolineare che l’indicazione e l’attuazione di tali misure (di prevenzione), a fronte di rischi e danni specifici, è volta a garantire, e non ad escludere, un pari accesso ad ogni mansione a tutti i lavoratori tutelandone la salute e la sicurezza.

Il Capitolo 3 del volume riporta un’interessante rassegna di “Esperienze di valutazione dei rischi in ottica di genere”: tra gli esempi citati ci sembra molto appropriato ricordare quello del Gruppo Donne Salute Lavoro Cgil Cisl Uil di Milano (in collaborazione con operatori e operatrici dei Servizi di prevenzione delle Asl), che ha dato luogo nel 2013 al documento La valutazione dei rischi tenendo conto del genere, cui hanno fatto seguito numerose ulteriori pubblicazioni tematiche tra cui, la più recente, quella relativa allo Smart working [2]. Un impegno quello delle sindacaliste e degli operatori/trici di Milano che ha anticipato di vari decenni l’attenzione al tema. Il gruppo di lavoro, attivo in realtà già dagli anni ’90, così rappresentava sin da quella data la necessità di adottare un approccio che tenesse conto delle differenze di genere nella valutazione dei rischi: [3]

… il lavoro non presenta per uomini e donne le stesse caratteristiche, le stesse criticità, gli stessi rischi: nella misura in cui le donne vengono inserite in modelli organizzativi e socio-culturali maschili e affrontano, invece, condizioni diverse dagli uomini da più punti di vista:
– non si concentrano negli stessi settori di produzione e anche nello stesso settore hanno differenti compiti
– non godono nelle stesse qualifiche delle stesse possibilità di carriera
– le donne sono maggiormente soggette a fattori di precarietà e atipicità di lavoro
– devono adattarsi a lay-out di lavoro e spesso a macchine ed attrezzature di lavoro progettate per l’uomo.


NOTE

[1] La valutazione dei rischi in ottica di genere – Aspetti tecnici. volume 1, luglio 2024. Pubblicazione realizzata da

Inail, Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza (Ctss), Consulenza statistico attuariale (Csa).

[2] Le pubblicazioni finora realizzate: “Più salute nel lavoro per la maternità” – maggio 1997, “Cento gesti al minuto: donne o macchine” – settembre 2000, “Il rischio biologico nelle attività lavorative” – febbraio 2001, “Donne e mal di turni” – ottobre 2004, “Lavoro a turni e notturno: Strategie e consigli per la salute e la sicurezza” – ottobre 2006, “Donne Salute Lavoro – indagine sui percorsi delle donne divenute invalide a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale” – luglio 2009, “In genere valutiamo i rischi” – luglio 2014.

[3] Tale punto di vista è stato ben illustrato in un documento redatto sin dall’aprile del 1996 dal già costituito gruppo “Donne salute e lavoro”, costituito da donne sindacaliste di Cgil, Cisl, Uil, e da operatrici dei Servizi di prevenzione delle A.Usl di Milano.

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